Lavorare senza orari fissi è una strategia già adottata in diverse aziende del settore hi-tech (vedi Google o Apple):
ma che succede se a togliere il cartellino da timbrare è una piccola azienda metalmeccanica?
Parliamo del caso della Tranfor, una piccola impresa in provincia di Pordenone, specializzata in lavorazioni metalliche e pressofusione, rilevata due anni fa da un imprenditore di 43 anni con un pallino fisso in testa:
togliere l’orario fisso agli operai lasciandoli liberi di portare a termine i propri compiti in base agli obiettivi e non alle 8 ore giornaliere.
Il tutto con stipendio pieno e la possibilità di uscire prima a prendere i figli o fare la spesa senza dover chiedere permessi (solo un preavviso di 48 ore, tranne che per le ferie e le malattie regolate invece con il sistema classico).
Una follia, secondo i criteri dell’organizzazione del flusso di lavoro interno a un’impresa perché, specie in un settore così tecnico-specialistico, il rispetto dei tempi di produzione e della “staffetta” tra una lavorazione e l’altra fa la differenza tra la vita e la morte di un’azienda..
"Sono sempre stato contrario agli orari e preferisco ragionare per obiettivi – spiega a La Nuvola Cristiano Cristiani, amministratore delegato della Tranfor – Credo sia più stimolante e gratificante e quindi abbiamo cercato, nella riorganizzazione della società, di mettere in piedi un sistema più flessibile".
Sì, ma come? "Riorganizzando un sistema di lavoro che prima era a gestione familiare. Abbiamo un nostro meccanismo di controllo e sappiamo quanto tempo occorre per ciascuna fase e attività".
Cristiani ha contribuito a elaborare un software di gestione interno, capace di misurare il tempo utile per ciascun tipo di lavorazione e quindi di calcolare i giorni necessari a produrre i pezzi che il cliente ha ordinato. In questo modo, spiega, è possibile modulare gli interventi degli operai rispettando i tempi di consegna di una commessa. Di massima, l’orario di apertura e chiusura dell’azienda è sempre dalle sette alle diciannove di sera (si può uscire alle 16 oppure entrare alle 9 di mattina e andarsene più tardi) ma sono i 9 addetti a decidere quando entrare e per quanto e persino a restare di più se necessario a terminare una commessa. Il meccanismo funziona anche grazie a un supervisore, un responsabile dell’organizzazione dei turni, capace di assegnare o riassegnare le mansioni agli operai in base alla flessibilità richiesta da loro stessi: secondo l’azienda questo approccio ha ridotto del 20% i tempi di lavorazione.
Come spiega l’azienda è sufficiente che l’operaio comunichi la necessità di entrare prima o dopo almeno con 48 ore di anticipo, per dar modo al responsabile di riorganizzare il lavoro.
Obbligatoria in ogni caso è almeno mezz’ora di pausa per riposarsi. A fine mese tutti riceveranno lo stipendio pieno, anche se sono stati assenti per qualche ora durante lo stesso periodo.
E Cristiani conferma che le ore fatte in più bilanciano quelle in meno: è ciò che emerge dai dati di 5 mesi lavorativi dove l’incidenza delle ore di permesso rispetto a quelle recuperate per esigenze di straordinario è sostanzialmente in pari.
Coordinare 9 dipendenti è un conto: ma che succede quando diventano 50?
"Se le attività sono le stesse nulla, ma se passiamo a più attività avremo semplicemente più persone a ruotare per ogni attività" risponde Cristiani secondo cui tutti, a partire dagli operai, sono contenti. Con qualche eccezione. "Il consulente del lavoro si è lamentato perché non utilizziamo il sistema delle ore e delle timbrature – conclude – Ma il nostro è un sistema che funziona perché ottimizziamo la produzione e soprattutto le persone si sentono più contente e gratificate".
Leggi qui l'articolo originale di Barbara D'Amico su Corriere della Sera | Blog
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